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PsiCHIcoline: “Oggi come ieri, tradizione e condivisione”

PsiCHIcoline: “Oggi come ieri, tradizione e condivisione”

“O sangue mio come i mari d’estate! 

La forza annoda tutte le radici: sotto la terrasta, nascosta e immensa.” 

Gabriele D’Annunzio

Quest’anno per cimento, ho deciso di prendermi un po’ di tempo e dedicarmi a quelle antiche usanze del mettere via le conserve, marmellate e antipasti che mi riportano alle mani sapienti e soprattutto pazienti di molte mamme, zie e nonne. Ed è tra una marmellata ed una giardiniera piemontese in piena “fusion” tra usanze del nord e usanze del sud, che ho focalizzato le riflessioni che desidero condividere. Mentre preparavo questi antipasti ad un certo punto, più che la contentezza, ho iniziato ad avvertire la stanchezza ed il desiderio di finire più in fretta possibile questa “incombenza”, solo dopo ho realizzato che in fondo ero sola, mi mancava la  condivisione, il prepararle insieme ad altri. Anni fa girai un piccolo filmato in una giornata di metà agosto in vacanza al mare, in cui riprendevo le mie zie intorno ad un tavolo pieno di melanzane, aceto, verdure, olio, barattoli. Le zie erano operose: chi tagliava le verdure, chi le scottava, chi le metteva nei barattoli e chi le rinvasava d’olio. Una piccola comunità operosa che a turno lavorava prima per se e poi per le altre. Certo la collaborazione non sempre era perfetta, il lavoro in corso d’opera poteva essere criticato: “Taglia di più, riempi meno i barattoli, attenta che così non vengono bene, ecc…” creando a volte malumori e in qualche caso anche litigi. Intorno al tavolo non mancavano mai le chiacchiere, i racconti, spesso anche i pettegolezzi, in una netta distinzione di generi e ruoli: alle donne era affidata la tradizione dei barattoli piccoli, agli uomini la capacità antica nell’accendere il fuoco per la legna, da porre sotto i grandi pentoloni delle salse oltre al maneggiamento della macchina dello spremi pomodoro. In quel caso di fronte alle famigerate “bottiglie di pomodoro”, tutti i membri della famiglia venivano chiamati a dare il loro contributo. I bambini, lavavano i pomodori o mettevano la foglia di basilico nelle bottiglie. Nel primo caso, i polpastrelli diventavano così rugosi da sfidare le mani di un centenario; all’inizio contenti di collaborare e stare con gli adulti poi sempre meno contenti perché il lavoro di meno prestigio dopo un po’ era noioso e sottraeva tempo al gioco. Con gli anni, i giorni della salsa diventavano più che un divertimento una vera e propria minaccia: “Domani niente mare, dobbiamo fare i pomodori!”. Sono trascorsi gli anni e la fatica di reperire la materia prima direttamente nei campi, la frustrazione di alcune annate in cui le bottiglie esplodevano, facendo diventare le cantine dei campi di guerra (ricordo ancora l’odore acido della salsa sparsa), il trasporto costoso o sempre più impegnativo ha fatto sì che molte persone non hanno più continuato questa tradizione. Al supermercato si reperiscono i prodotti con più facilità e forse anche ad un costo minore. Ma in fondo penso che ciò che rendevano speciali e uniche quelle conserve, quei sottaceti, quei pomodori fossero le relazioni di chi le faceva. C’era la trasmissione di saperi, gesti antichi, gesti pazienti, che scandivano i tempi giusti: quelli della maturazione dei frutti, degli ortaggi. C’era anche il senso del domani, un mettere in dispensa per l’inverno, c’era inoltre una pensare in condivisione: antipasti e sughi da cucinare o proporre in pranzi, cene, feste, un modo per ritrovarsi insieme. I prodotti dell’estate condivisi in famiglia che riscaldavano ancora il cuore oltre che deliziare il palato. Molte di queste tradizioni vanno scomparendo, è difficile avere il tempo di fermarsi per dedicarsi oggi a ciò che può servire domani; siamo sempre di corsa, in affanno presi da mille impegni; la salsa, l’ultimo dei pensieri. Nello stesso tempo in questi giorni di settembre nei supermercati abbondano barattoli vuoti da riempire, segno che ci sono ancora mani operose e volenterose che ostinatamente e in controtendenza conservano i prodotti. E poi ci sono loro i giovani, giovanissimi sempre più attaccati e affezionati ai nonni, che apprezzano spesso molto più dei figli (il salto generazionale evidentemente incide, forse non avendo avuto tempo di “odiare” da giovani queste usanze) che ringraziano e non vedono l’ora di gustare i manicaretti che i nonni preparano e che sembrano uscire dalla macchina del tempo. Spesso li immaginiamo capaci di apprezzare solo cibi spazzatura, panini, hamburger, ma non date per scontato che chiedendogli di scegliere tra questi ultimi e un piatto che attinge alle tradizioni famigliari sceglierebbero i primi! Come fruitori, sono degli ottimi buongustai, e allo stesso tempo gratificano l’esperienza, la pazienza e tutto l’amore che viene offerto loro come un dono sempre più raro e prezioso. Non dovremmo temere di coinvolgerli anche nella preparazione perché forse possiamo sembrare un po’ “vintage” ma alla fine lo stare insieme per parlare e raccontarsi forse anche attorno ad un tavolo tra un peperone e una melanzana rimane una ricchezza, un bene prezioso che può valere molto di più di quello che pensiamo. Certo non possiamo metterci al pari della tecnologia e non dobbiamo perché il mondo va avanti, però possiamo non dimenticare da dove arriviamo e cosa può renderci felici oggi come ieri.

PsiCHIcoline è una rubrica che nasce dal desiderio di avvicinare maggiormente le persone alle tematiche  psicologiche. Conoscere e conoscersi per considerare i problemi, le paure, le sofferenze come opportunità, spesso scomode e sgradite, di fermarci e guardarci dentro per trarre nuova forza, consapevolezza, speranza e fiducia.

A cura della Dott.ssa Monica Rupo

Psicologa – Psicoterapeuta

Andrea Laruffa