“Una vita sociale sana si trova soltanto,
quando nello specchio di ogni anima la comunità intera trova il suo riflesso,
e quando nella comunità intera le virtù di ognuno vivono.”
“Ciò che non giova all’alveare, non giova neppure all’ape.”
“L’uomo è per natura un animale destinato a vivere in comunità.”
Rudolf Steiner
Scrivere un articolo ai tempi del Covid-19 non è facile. Avrete letto molte informazioni, a volte chiare, a volte contraddittorie: dati, numeri, statistiche, dietro i quali vi sono però vite, storie, famiglie. Vi è inoltre una difficoltà che riguarda anche un altro aspetto, mai come in questo momento ciò che sta accadendo riguarda tutti noi, nessuno escluso.
E allora parto da qui: Come state? Come stiamo? Riuscite a vedere il bicchiere mezzo pieno o lo vedete mezzo vuoto? Disastro o opportunità? Abbattimento o speranza?
Parto da una riflessione personale: tempo fa condivisi un post su un social in cui c’era la famosa frase “andrà tutto bene” il quel periodo pensai fosse l’iniziativa di una mamma che voleva trasmettere un messaggio positivo e al contempo occupare il tempo dei figli. Allora mi sembrò una bella idea, oggi troviamo questa frase scritta, con un bel arcobaleno, in teli bianchi appesi a tanti balconi. Ma più osservo questa scritta, più passa il tempo e meno mi piace. E non perché non sia una bella frase, ma perché in quel “andrà tutto bene” c’è una speranza che molte persone non possono più condividere; quelle parole non gli appartengono più. E alle persone, alle famiglie, che non è andata bene, vorrei potessero sentirci vicini, compresi. Certo si dirà, la speranza è importante, e questo è profondamente vero, ma è altrettanto importante avere la consapevolezza che stare dentro e accanto al dolore e attraversarlo è una condizione umana che non possiamo pensare accada solo agli altri, e questo sembra essere il messaggio più duro che questo virus ci sta dando.
La paura, l’ansia e il panico, accompagnano il trascorre delle giornate. Alcuni hanno fatto scelte difficili, dolorose, chi tempo fa e chi oggi, distanziando i propri cari più a rischio di salute, quelli lontani, quelli nelle case di riposo, nei reparti ospedalieri, ecc… e non li hanno più visti. Non sono più riusciti a dare loro un abbraccio, un saluto. Un dolore che durerà per sempre. Un dolore nel dolore. Le normative chieste ci hanno imposto di modificare le nostre abitudini basilari, strette di mano, abbracci, frequentazioni, vita sociale, distanziandoci e guardandoci con sospetto, come solo il clima di terrore e panico sa invocare. La preoccupazione per il domani, per il lavoro, per una crisi economica generale, inizia a prendere lo spazio nella mente delle persone che trascorrono insonni molte notti.
Chi ha potuto, ha lavorato da casa, i bambini e ragazzi all’inizio felici di questa inattesa vacanza , hanno iniziato, ad avvertire la noia, la difficoltà a gestire e riempire il tempo, apprezzando e rivalutando quei momenti di socialità e impegni scanditi da una quotidianità che quando la vivi, ti sembra insopportabile, ma quando ti manca ne invochi il ritorno. E poi con il trascorrere delle settimane, gli studenti hanno ripreso un po’ di pseudo normalità con il ripristino di una scuola online, che colta impreparata da questa situazione sta provando, pur con mille difficoltà, ad aiutare a distanza i propri alunni. Genitori stanchi, soli, senza il sostegno dei nonni tenuti a distanza per proteggerli, con la fatica di gestire l’argento vivo insito nella gioventù, che non vuole farsi “chiudere” anche se per il loro bene, diventa una guerra costante; così come al contrario temere le ripercussioni di un isolamento sociale che per molti ragazzi sta diventando normale, persi nella loro bolla virtuale, rinunciano anche solo a prendere una boccata d’aria per accompagnare il cane.
Prendo a prestito la parola di una mia paziente (che ringrazio per avermi autorizzato) che mi disse di sentirsi “alienata” in questa situazione, e se ne ricerco l’etimologia la trovo una definizione puntuale:
Cit: “Nel linguaggio filosofico si intende reso estraneo, ridotto a cosa o natura, senza libertà.
Montesquieu diceva che: “La libertà è quel bene che ti fa godere di ogni altro bene.”
E questo è e il bicchiere mezzo vuoto.
E a tutti noi, la mancanza di libertà ci sta costando? Quanto? Come stiamo reagendo?
Molti avranno reagito cercando di trovare “degli aspetti positivi” anche nella situazione estrema: passare più tempo in famiglia, rallentare i ritmi ecc. Passare accanto ai cortili condominiali che ormai non hanno più la loro funzione socializzante e vedere papà che giocano a pallone con i loro figli è un’immagine così forte e suggestiva da farmi commuovere. Il profumo del pane, delle torte ,delle pizze che inondano le nostre case, fa sussultare il cuore, ci fa tornare indietro nel tempo. Nonni o genitori che imparano a fare le videochiamate ci aiuta, almeno un po’, a sopportare la loro mancanza. Generazioni nuove e vecchie accomunate dalla tecnologia; si è distanti ma ci sentiamo anche vicini.
E questo è il bicchiere mezzo pieno.
E poi c’è un bicchiere speciale che definirei colmo: di bontà, di gratitudine, di senso del dovere, di passione, di sacrificio, di altruismo, ed è colmo delle tante persone che hanno dovuto garantire i servizi, esponendosi in prima persona ed esponendo i loro familiari al contagio. A voi/noi tutta la solidarietà e il nostro grazie. Grazie anche a coloro che se pur con la difficoltà delle restrizioni, hanno facilitato e reso possibile il compito di aiutarvi e sostenervi. Alle professioni sanitarie in primis, ma anche a tutti quelli che hanno continuato a lavorare per andare avanti: negozianti, tecnici, operai, addetti alle pulizie, trasportatori, autisti impiegati, magazzinieri, forze dell’ordine, tantissimi volontari, ecc… tanti, tanti davvero. Un grazie di cuore, perché ci avete fatto sentire parte di un tutto, di una comunità, di un paese, di una nazione, di una umanità.
Affido il mio abbraccio scritto, a tutti voi e ai vostri cari, alle bellissime e profonde parole di Mahatma Gandhi:
“La conclusione logica del sacrificio di sé è che l’individuo si sacrifica per la comunità, la comunità si sacrifica per il distretto, il distretto per la provincia, la provincia per la nazione e la nazione per il mondo. Una goccia strappata dall’oceano perisce inutilmente. Se rimane parte dell’oceano, ne condivide la gloria di sorreggere una flotta di poderose navi.”
PsiCHIcoline è una rubrica che nasce dal desiderio di avvicinare maggiormente le persone alle tematiche psicologiche. Conoscere e conoscersi per considerare i problemi, le paure, le sofferenze come opportunità, spesso scomode e sgradite, di fermarci e guardarci dentro per trarre nuova forza, consapevolezza, speranza e fiducia.
A cura della Dott.ssa Monica Rupo
Psicologa – Psicoterapeuta