TE LO DICO IN POESIA: “I tempi del Coronavirus”

TE LO DICO IN POESIA: “I tempi del Coronavirus”

Sono affetto da Coronavirus. Già… è capitato. Proprio a me. E’ stata colpa di quel cinese senza difese, venuto dal suo paese.

Ora son qui isolato, tra il mio letto e la poltrona leggo una storia buona.

Passare il tempo è difficile, penso al lavoro che mi dà decoro. Non ci posso andare, chiuso in casa mi tocca stare.

Chissà se passerà e quando passerà, potrò uscire di nuovo con la stessa dignità? Sono portatore di problemi, ho scritto una storia dove l’economia è stata spazzata via da un piccolo animaletto che si infila dentro il petto.

Eppure è invisibile, ma fa paura, è temibile perché si diffonde in modo formidabile.

Mette alla prova la scienza e la medicina che è confusa più di prima. E’ solo un’influenza che si espande con arroganza. Ma noi la vinceremo se tutti uniti rimarremo.

Al teatro non si va più, si sta distanti almeno un metro per non rischiare con la saliva di finire in terapia intensiva.

Penso al mio viaggio in treno verso la bella Sicilia, dovevo partire in primavera per un’esperienza vera. Ma il treno non parte più. Solo fra i suoi binari senza gli “infestanti” passeggeri.

E’ un pellegrinaggio verso mondi inesplorati, fatti di gel e supermercati svuotati, dove l’unico pensiero e quel sogno così vero di pace e di speranza verso l’essenziale tolleranza.

Eppure è già successo nel medioevo che la peste falciò le folle e tutti la presero con le molle. Gli appestati furono abbandonati e i moribondi calpestati.

Ora è diverso. Stiamo chiusi in modo regale con pasti caldi e il telegiornale che ci informa ogni minuto se più di uno è sopravvissuto.

Alle fine della storia cosa ci mancherà? Quell’abbraccio e quella stretta di mano che sono dell’umanità l’essenza dell’uomo. E mai più tornerà quel momento tanto atteso, del bacio sulle labbra verso la mia lei proteso, guardandola negli occhi aspettando che mi tocchi.

Siamo al tempo del Coronavirus, si è trasformato anche il visus perché non abbiamo più occhi per vedere i colori delle primavere, offuscati da chi ha perso il coraggio di continuare il proprio viaggio.

Oh Dio pensaci tu a sistemare la questione, con la tua santa protezione. Di invisibili te ne intendi nella vita dei tuoi mondi. E chissà che non sia la volta buona per ricordare la tua storia e rinfrescare la memoria. Dopo il trapasso non c’è il collasso, ma l’inizio di una nuova vita, di tutto l’amore possibile colorita.

Tiziana Calamera 9 marzo 2020

C’è un linguaggio con cui spiegare gli eventi e il mondo che ci circonda in modo empatico e riflessivo: la poesia, che interpreta in profondità il nostro legame interiore con esso e muove le corde emotive alla ricerca di intuizioni concrete che ci fanno evolvere. Sarà un viaggio alla scoperta del proprio essere, che vi invito a fare con me.

A cura di Tiziana Calamera

Poetessa

Andrea Laruffa